Collegato lavoro: prime osservazioni sull’articolo 32, I° e II° comma
Prime osservazioni sull’articolo 32, I° e II° comma
“Art. 32.
(Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato)
1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti:
«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.
L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso.
Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».”
“2. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento.”
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L’articolo 32, novellando l’articolo 6 della legge 604-1966, prevede, a differenza della previgente disposizione, un duplice termine decadenziale incidente sulla intera area dei licenziamenti invalidi.
Alla luce di tale previsione, si pone, immediatamente e preliminarmente, per l’interprete, il problema di delimitare l’area dei licenziamenti invalidi, in quanto, solo attraverso tale preventiva delimitazione, è possibile individuare i casi per i quali sussiste, a pena di decadenza, l’onere di impugnazione e di esercizio dell’azione nei termini normativamente fissati.
Di certo, ad opinione di scrive, l’onere di impugnazione non è operante nel caso di licenziamento oralmente intimato, militando, a sostegno di tale lettura, due distinti argomenti:
1- il licenziamento oralmente intimato è, come è noto, ascrivibile al genus dell’inefficacia, essendo esso improduttivo di effetti giuridici. Il termine inefficacia, che originariamente compariva, in abbinamento alla categoria dell’invalidità, nell’originaria formulazione della norma, non appare nel testo di legge, qui in commento.
2- Il primo comma dell’articolo 32 si riferisce espressamente ai licenziamenti comunicati in forma scritta, con conseguente inapplicabilità della norma e, indi, del doppio termine decadenziale, a tutti i casi in cui il licenziamento sia stato intimato verbalmente.
Risolto, positivamente, tale aspetto, resta irrisolto il problema dell’esatta individuazione dell’area dei licenziamenti invalidi.
A mio modo di vedere l’area dell’invalidità comprende non solo, i casi di licenziamento intimati per giusta causa o giustificato motivo ma anche, la categoria dei licenziamenti nulli, essendo l’area della nullità ricompresa in quella dell’invalidità.
Pertanto, con la previsione qui in commento dovranno essere impugnati, entro i 60 giorni (e poi dovrà essere depositato il ricorso, entro 270 giorni, a pena di inefficacia dell’impugnazione stessa) tutti i licenziamenti nulli, tra i quali figurano quelli intimati per motivi discriminatori, per motivi di matrimonio ovvero quelli intimati alla lavoratrice in stato di gestazione.
Per tali categoria di licenziamenti, ovvero, per la categoria dei licenziamenti nulli e per quelli intimati per giusta causa e per giustificato motivo, dovrà essere prestata, da parte lavoratrice, la massima attenzione, in quanto, a decorrere dal 24 novembre 2010, entrerà in vigore il duplice termine decadenziale di 60 e 270 giorni.
Diversamente, al pari dei licenziamenti orali, non appare soggetta alla nuova disposizione la fattispecie del licenziamento per superamento del periodo di comporto, secco o per sommatoria (ovvero superamento del termine, previsto nei diversi c.c.n.l., di legittima assenza dal posto di lavoro a causa di malattia), non essendo esso qualificabile in termini di giustificato motivo oggettivo.
avv. Vincenzo Caponera Retelegale Roma
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